Andrea Centazzo

Sound Images

2 -10 July, 2022

 

curated by Walter Rovere

Inaugurazione sabato 2 luglio, ore 19

Orari di apertura: fino al 10 luglio su appuntamento

Sound Images è una mostra dedicata alle opere visive di Andrea Centazzo, lavori grafici e pittorici nati da e attorno alla notazione musicale che l’artista ha iniziato a produrre negli anni 80, e che sono stati esposti in importanti personali e collettive nelle maggiori gallerie italiane ed estere.
Le opere esposte, tra cui diversi originali mai visti provenienti dalla collezione privata dell’artista, e la serie completa della Immaginografie (1984) prestata dall’Archivio Centazzo di Bologna, coprono un arco che va dal 1980 al 1987, con più un lavoro concepito appositamente per la mostra, uno speciale “remake 2022” di un’installazione creata nel 1985 a partire da fotocopie trattate e dipinte del manoscritto autografo della composizione Cjant, concerto per piccola orchestra (1983).

La mostra è realizzata in collaborazione con Fondo e Archivio Centazzo, Biblioteca delle Arti, Sezione di Musica e Spettacolo, Università di Bologna, ed è un evento collaterale del Festival Ictus Festival che si svolgerà presso il Teatro Out Off di Milano dal 4 al 7 luglio.


Un catalogo dedicato, a cura di Walter Rovere, sarà prodotto da Made4Art nell’autunno.


SOUND IMAGES
La sperimentazione di nuove funzioni e metodi per la notazione musicale si è estesa com’è noto in maniera sistematica per gran parte del secolo scorso: dal Futurismo alla nuova musica elettronica, dalla New York School a Fluxus, la scoperta di nuove possibilità strumentali e di organizzazione del suono, in un’evoluzione che fu tecnica ma soprattutto concettuale, non mancò di trascinare la notazione – in maniera più o meno consapevole – verso i campi della grafica, della poesia e delle arti visive.

Anche l’Italia non ha mancato di distinguersi con importanti capitoli di indagine in questo campo, dalla Musica e Segno curata da Giuseppe Chiari e Sylvano Bussotti alla Galleria Numero di Roma nel 1962 alla Spartito Preso, organizzata da Daniele Lombardi nell’autunno 1981 a Torino.
Negli stessi mesi, Andrea Centazzo, fino ad allora noto per le sue esperienze nell’ambito jazz e improvvisativo, decise di cimentarsi proprio con uno dei più estremi e artisticamente dotati protagonisti della ricerca grafica applicata alla notazione quale Sylvano Bussotti, incidendo sei diverse interpretazioni del suo Solo dalla Passion Selon Sade, che ottennero il pieno imprimatur del compositore.
Peraltro, a partire dal 1979, il musicista friulano si era impegnato in una intesa attività di ricerca musicologica anche in questo campo, pubblicando in un breve arco di anni numerosi saggi sulla storia e le tecniche degli strumenti musicali, tra cui un dettagliato compendio per Ricordi sulla letteratura percussionistica contemporanea.

La produzione di Centazzo in qualità di artista visivo nasce nel 1980; tuttavia (per seguire le categorie individuate da Lombardi nel suo testo per il catalogo di Spartito Preso), il suo passaggio da una “Musica solo da udire” quale l’improvvisazione (“inutilità della pagina scritta”) ad una “Musica da vedere” destinata a rimanere nel silenzio fisico, era stato a ben vedere un prodotto del tutto conseguente delle concezioni che avevano sotteso le sue esperienze musicali fin dall’inizio.

Come notò infatti il critico e compositore Armando Gentilucci (che al suo allievo dedicherà anche una partitura-ritratto, Polifonie per Andrea Centazzo) nella prefazione al catalogo della video-opera e mostra relativa “Artisti in musica” (Galleria Spazzapan, Gradisca d'Isonzo 1986), il jazz era stato per il musicista solo il punto di partenza nello sviluppo di uno spazio “aperto” nel quale tentare di mettere in relazione i riferimenti musicali più disparati; possiamo contare infatti, nel volgere di pochissimi anni (ma spesso anche contemporaneamente), accanto all’improvvisazione radicale, il progressive rock, l’elettronica “cosmica”, il minimalismo, le avanguardie del Novecento, “l’intero orizzonte geografico e dunque storico, amplissimo”, del percussionismo extra-europeo, le tradizioni folkloriche del Friuli natìo... ma aggiungeremmo anche, arrivando all’oggi, l’uso dell’elettronica applicata alla percussione e il lavoro di editing e missaggio come strumento compositivo, raramente impiegati nel mondo della free improvisation.
Da una ricerca basata su tali premesse, concludeva Gentilucci, cioè da un “criterio inteso a trovare nessi, relazioni, interferenze, sollecitazioni, nel dissimile e nel plurimo”, era perciò “difficile non prevedere un incontro tra Centazzo e altre forme espressive quali arte visiva e video.”

Partendo inizialmente da una ricerca sulle potenzialità dell’uso della grafica per la scrittura musicale (sperimentando, trovandosi a lavorare con un grande organico come la Mitteleuropa Orchestra, l’inserimento all’interno di spartiti tradizionali di inserti visivi, per meglio spiegare il tipo di approccio con l'improvvisazione e gli intrecci di suoni voluti), le sue opere si sono poi man mano rivolte verso una forma meta-musicale più astratta, pittorica e materica.
Seguendo in un certo senso il percorso contrario rispetto al celebre Piano Piece for David Tudor 4 di Bussotti, un disegno del ‘49 riproposto in “adozione pianistica” dieci anni dopo, una delle modalità d’intervento preferita da Centazzo è stata ad esempio l’uso e la manipolazione di partiture (pressoché) tradizionali preesistenti, come l’installazione creata nell’85 dalla partitura di Cjant - Concerto per piccola orchestra scritto per un’organico di 25 elementi nell’83.
Sgualcite e trattate con colori fluorescenti, le oltre 70 pagine divennero elementi modulari di un’installazione (ogni volta di dimensioni variabili) di cui colore e consistenza materica sembrano evocare mappe di rilievi montuosi, una “cartografia dell’immaginario” nata partendo dalle note bidimensionali fissate sulla carta.
Per altre installazioni, pagine di partitura dipinte vennero stracciate per incollarne poi i frammenti sul muro delle gallerie, creando e giustapponendo isole e arcipelaghi di note.
Talvolta nelle mostre venivano installati dei lettori di cassette, con i quali i visitatori potevano ascoltare le musiche originali delle partiture utilizzate per i lavori esposti.
Come scrive Stefania de Salvador (Musicista senza frontiere, Index 93), questi “disegni, carte colorate, mappe musicali, partiture, fogli pentagrammati hanno valenze cromatiche mosse a svelare il sapore visuale della sonorità, e il suo fluttuare nel tempo è trasmesso attraverso la successione dei fogli delle opere esposte, dalle differenze di piano create con la materia-carta attraverso sgualciture”. Non si può non pensare inoltre, nell’uso del colore di questa seconda fase, a un richiamo al Clavier à lumiéres di Skrjabin ed alle sue teorie sinestetiche.

A partire dal 1984 Centazzo espone i suoi lavori in sedi e manifestazioni internazionali come Galleria Bonomo (Bari), Das Graphische Bild von Musik (Vienna, Museo d’arte Moderna), Musicphilia ’85 (Jesi) e Interart ’85 (Villach/Udine/Ljubljana), ma contemporaneamente inizia ad esplorare il legame immagine-suono tramite la tecnologia video tenendo nelle gallerie concerti per cui usava piccole percussioni dipinte a colori fluorescenti, una telecamera e un primitivo processore video, che trasformavano i suoi gesti performativi in un movimento astratto di immagini.
Dopo aver sperimentato la “distorsione” della scrittura musicale in linguaggio pittorico e dopo aver usato la tecnica video per dare colore e forma al suono, un ulteriore passaggio successivo fu la realizzazione di Tiare nell’84.
Questo poema audiovisivo di 40 minuti, le cui immagini erano state create a partire dalla musica, ebbe un enorme successo e, dopo il Gabbiano d'Oro conseguito ex-aequo con il regista Silvio Soldini al Festival di Bellaria, venne premiato nei maggiori festival del settore (Tokyo, Varsavia, Montbéliard), lanciando inaspettatamente una carriera per Centazzo come videoartista, proseguita con apprezzate opere come Arx, Visions, I colori di un sogno.

Sempre dalla metà degli anni 80, la composizione di colonne sonore per il cinema (a partire dal celebre Romance di Massimo Mazzucco) e di musiche di scena (spesso anche dal vivo) per il teatro (per attori e registi come Luca Barbareschi, Giorgio Albertazzi, Ron Sossi, Tom Dulack ecc.) hanno proseguito il suo interesse per il rapporto musica/immagine – un’esperienza traslata infine anche nei concerti multimediali che ha iniziato a presentare nel nuovo millennio, in sedi come il Kennedy Center di Washington, il California Institute of Technology di Pasadena, e il Conservatorio di Ho Chi Minh (Vietnam) tra gli altri.

 

Walter Rovere